Un Regalo

Ho incontrato Laura. Ci conosciamo da tempo e non è difficile ripercorrere ricordi.

Avevo incontrato Elio a febbraio del 2013, dopo un paio di anni dal suo pensionamento, alla prima  mostra personale di un nostro comune e amato studente. L’ho trovato in splendida forma con un bellissimo cappello blu a falde larghe. Sono contenta di averglielo detto. Abbiamo  subito ripreso i nostri discorsi su temi più o meno accademici.  Condividere i pensieri non è trovarsi d’accordo ma è essenzialmente ascoltare e rispettarsi nella comprensione.

Con Elio non era difficile. Tante volte avevamo fatto parte delle stesse commissioni di esami e ci eravamo confrontati con la stessa passione sul significato di fare e dire arte. Il suo pensiero che continuamente si arricchiva di cultura, di culture varie anzi, era sempre stimolante. Aveva sempre da suggerire un ultimo saggio “molto interessante che ti consiglio di leggere”.

Era come se ci fossimo lasciati il giorno prima. Abbiamo riavviato le nostre conversazioni di arte, di cultura, di umanità varia e … di studenti. Nei loro riguardi abbiamo sempre condiviso un grande rispetto, il desiderio di cercare una sintonia con ognuno per una sorta di irrinunciabile volontà maieutica. Io penso che qualora  non si dovesse più sentire amore per  gli studenti si dovrebbe lasciare l’insegnamento. So che Elio ha sempre amato il suo ruolo/dovere di “consapevole trasmettitore di sapere” rivelando, a chi è in grado di capire, una bella capacità di vivere  muovendosi  tra le infinite contraddizioni che, in fondo, qualificano il senso della vita  di ogni tempo.

Laura ha avviato un importante lavoro di catalogazione di tutti i suoi scritti storici, teorici, tecnici. Mi fa vedere  anche  la sua produzione pittorica e mi racconta che quando gli chiedeva: – “Ma tu sei un pittore?” Elio con l’ironia e il sottile sense of humor che anche io ricordo le rispondeva: -“Certamente No!”

Guardare con Laura le pitture di Elio è  stato come entrare in punta di piedi e sbirciare nella sua vita aggiungendo così,  ai miei ricordi professionali, altri piccoli tasselli umani, divertenti  e gioiosi. Un piacere. Sapevo che si dilettava a dipingere e posso confermare che per lui è rimasto un diletto. Penso che la pittura lo interessasse principalmente perché non voleva sentirsi escluso da alcuna forma di cultura e così aveva assecondato il desiderio – nato quando a Parigi aveva visitato per la prima volta il Beaubourg – di indagare e sperimentare le tecniche pittoriche. La sua cultura, la sua conoscenza non solo dell’arte contemporanea ma anche dei complessi meccanismi della pittura avrebbe potuto generare in lui una presunzione o, forse meglio, una sorta di compiacimento iperconcettuale. Se avesse voluto avrebbe potuto contrabbandarsi da intellettuale radicalchic, nascondendosi dietro  formule ormai stereotipe per esprimere grandi verità su grandi temi del passato e/o del presente ! (Non io ma Bachelard ha parlato di  bolle di sapone concettuali.)

Niente di ciò. È come se avesse  invece deciso di mettere in pratica le parole di Alberto Moravia per il quale la cultura è ciò che rimane quando si è dimenticato ciò che si è imparato.

Comincia quindi ad avvicinarsi alla natura della sua adolescenza con occhi colorati di luce e pieni di ricordi. Il suo obiettivo non è l’ARTE.  È chiaro. A mio parere vuole soltanto  riprendere, per fissarle su tela/ carta/ cartoncino, le sue sensazioni, sperimentare in forma diversa il suo contatto con la vita reale, i suoi profumi, la sua luce, le sue forme. Prova con l’acquerello, la tempera, l’incisione e si cimenta con l’olio  avviando una sua continua e personale sperimentazione che asseconda la sua curiosità e la sua voglia di fare. Ama Rembrandt e cerca di riprodurre alcuni dei suoi mulini. I risultati ci sono. Piccoli ma suoi. Ricordi catturati e  fissati per sempre. E per Laura.

Io penso che grande o piccolo, conformista o non conformista, tradizionalista o

rivoluzionario ogni artista/uomo  è un caso singolo, un’ eccezione e la sua esperienza non è sovrapponibile a quella di un altro.

Ecco: Elio ha incarnato appieno la sua eccezione!

Laura non dimenticherà mai la sua divertita e divertente analisi. Tutto diventava un pretesto per giornate da vivere esprimendo  la sua coinvolgente gioia di vivere. Dovrà passare del tempo perché anche questi momenti  possano diventare per lei e per Marcello una compagnia  un po’ meno dolorosa di oggi.

Non parlo di Elio pittore. Sarebbe un’offesa alla sua cultura, alla sua intelligenza e  alla sua autoironia. Ma desidero dire qualcosa delle sue chine. Alcune acquerellate.

Il segno lo libera.

Se nella pittura – non riuscendo ad emanciparsi dagli impacci che indubbiamente crea la riproduzione fedele della realtà – congelava  la sua fantasia, nel disegno, dapprima timido e leggero ma che negli anni acquisterà più sicurezza,  riesce invece a visualizzare luoghi  personalissimi che diventano surreali . L’eccessiva ingerenza della pittura in qualche modo lo condizionava.  Il segno invece,  sicuramente non invasivo e meno protagonista,  gli fa gestire meglio il confronto con l’errore  e gli permette  una maggiore libertà di respirare luoghi soltanto suoi .  Li arreda con oggetti della sua memoria:  mare, cabine, giostre, piccoli arnesi, utensili, ricordi, meccanismi  più o meno improbabili ma funzionanti (!).

Lettore fedele, colto, ricco di interessi, sperimentatore appassionato ma sempre consapevole dei suoi limiti e della sua onestà mentale è riuscito, a mio parere nel disegno, ad esternare  il suo mondo interiore che cercava un esito estetico personale e non condizionato da alcun preconcetto.  La  sua curiosità e  il suo bisogno di colori gli hanno permesso di mettere da parte la sua sapienza per recuperare una schiettezza che nel segno traspare intatta con la quale andare direttamente ad attingere alla  sua memoria-parte ingenua- fantasia non contaminata e fresca dove l’uomo del tempo riesce a fare funzionare perfettamente il suo complesso meccanismo.

Semplicemente  non ha voluto rinunziare al gusto di colorare la sua vita.

Un altro regalo di amore.

Catania, 7 aprile 2014

Giuseppina Radice